Ho atteso qualche giorno prima di parlare della puntata di Presa Diretta andata in onda lunedì 8 gennaio su Rai Tre. Quella sera in casa, davanti l’inchiesta “La bicicletta ci salverà” ero solo, amareggiato ma non vinto.
Il giorno dopo ho provato un primo timido confronto tra i colleghi in ufficio, ma nessuno aveva visto la puntata. Poi, da martedì, ho cominciato a farmi le domande, mentre mi allenavo tra le vie della città e in scooter sulla tangenziale est.
Stanco e stordito, con la testa blindata nel casco, mi chiedevo se tutto quello che avevo visto in tv fosse accaduto veramente. Se nessuno aveva visto la puntata, ma come la storia dell’albero che cade nella foresta ma nessuno lo scorge e fa comunque rumore, con questa certezza le domande sono arrivate poi a fiumi.
E’ bastato ripensare ai miei 20 anni di scooter, 3 per la precisione consumati sulle vie della città per arrivare in ufficio. Litri e litri di benzina, incidenti, rotture, consumi di pneumatici e tutti sulle stesse strade. 12km per l’esattezza ne copro ogni giorno, dal quadrante nord di Roma a quello sud, per andata e ritorno.
Durante la trasmissione è stato intervistato lo urban design Danese Mikael Colville, uno tra i più famosi al mondo. Ha detto una cosa che è la soluzione a tutti quei chilometri che percorro da anni: creiamo infrastrutture e avremo più biciclette.
Ecco a cosa pensavo in questi giorni. Alle infrastrutture, non ai sette colli su cui è stata costruita Roma, non ai giorni di pioggia (sempre meno per altro), tanto meno alla fatica per arrivare in ufficio in 45 minuti netti, tanti quanti sono quelli che impiego oggi in bici su un percorso ingolfato dalle macchine.
Cosa sarebbe lo stesso tragitto con una strada divisa tra auto e bicilette? Le persone che dicono non è possibile sono parte del problema. Anzi, sono il problema. Non hanno visione, non conoscono la mobilità del futuro.” Concludeva Mikael Colville
Poi, mentre esco dal tunnel della tangenziale penso al mio ufficio.
70 persone, molte giovani e giovanissime, tanti vengono in ufficio con i mezzi pubblici. Molti in scooter (me compreso ovviamente). Come detto all’inizio, dopo la puntata di lunedì sera, nessuno aveva detto nulla, neppure un confronto al coffee break, e dentro di me dicevo: cosa vuoi confrontarti se uno dei più giovani arrivato in ufficio da poco (20 anni d’età) si è comprato un SUV nuovo per venirci in ufficio?
Esco dal tunnel e canto una canzone di Nicolò Fabi, e prendo visione della scena dei nostri problemi e la soluzione, come dice lui, passa attraverso due vie: “un bell’asteroide e si riparte da zero. O una somma di piccole cose. Una somma di passi..” o di pedalate.
Iniziamo a sentirci le soluzioni e non più i problemi, mettiamole insieme e parliamone con chi vive accanto a noi, non si sa mai magari ce la facciamo.