Avete presente il film “Sliding doors”? Ecco quando mi chiedono perché ho iniziato a ballare il Tango, mi viene sempre in mente quel film.

Il ballo è da sempre la mia passione.

Correva l’anno 2000, frequentavo lezioni di danza allo Ials. Io, ritardataria cronica, un giorno ero arrivata davvero troppo tardi.

Ero già nello spogliatoio quando realizzo che non era più cosa ormai. Mi rivesto ed esco.

Fuori incontro un amico, Roberto Ricciuti, lui ballava il tango. Il caso ha voluto che stesse proprio cercando una ballerina per un concerto-spettacolo (la sua era impossibilitata in quella data).

Io: “Roby… Ma io zero tango!”
Lui: “Non ti preoccupare, ti porto io”.

E così sono stata da allora travolta dal tango, dalle notti in milonga, e da tutto quello che di conseguenza mi è piovuto addosso, compresa l’attenzione di quelli che allora operavano nel settore, e che hanno cominciato a coinvolgermi in tante situazioni.

Ero giovane, caruccetta, bravina e, prima ancora di averlo imparato bene, il tango si è trasformato in un lavoro.

E allora addio architettura (che comunque non era “mia” e in cui ero già gravemente in ritardo).

I primi anni era una sorta di dipendenza: se non andavo a ballare tutte le sere, andavo in crisi di astinenza (ma so che i runner mi possono capire).

Perché il tango si è impossessato di me?

Per l’amore per la danza, l’ho già detto…

Poi per il ritrovato antico rapporto tra uomo e donna: almeno in quei 3 minuti, l’uomo deve fare l’uomo, la donna deve fare la donna e più le due essenze sono esasperate, meglio viene.

Sono donna dei miei tempi e nella vita reale non potrei accettarlo, ma in quel breve spazio temporale, mi piace un sacco.

Credo sia una delle cose che più mi ha attratto del tango all’inizio; poi la sua musica e la sua cultura, ma quelle onestamente le ho apprezzate più con il tempo.

Infine perché il tango, come si dice, è il ballo dell’abbraccio.

Un gesto spontaneo e naturale, a cui si è abituati fin da bambini, totale, protettivo, avvolgente, dolce, rassicurante, caldo, sensuale, coinvolgente, intimo, emozionante: aggettivi diversi (e forse potrei trovarne altri) per descrivere le tante facce dell’abbraccio nella vita come nel tango.

Se libero da condizionamenti e da tecnicismi, anche l’abbraccio del tango può esprimere tutta la verità e l’umanità del gesto…e pensare che a volte ci si abbraccia senza nemmeno conoscersi!

E questa è forse la cosa più speciale, saltano passaggi fondamentali nella conoscenza, e si arriva a un’intimità profonda.

In quell’abbraccio difficilmente ci si può mentire; è davvero un mettersi a nudo senza usare le parole, esprimendo, in quel contatto, tutto ciò che siamo nel tempo di un tango, nella nostra essenza ma anche nella contingenza del caso, e in quello che genera quell’unione con l’altro.

Dall’avvicinamento al contatto, il percorso è un po’ scontato, ma quando si riesce ad andare oltre e si arriva alla fusione, muoversi abbracciati e fusi con l’altro e con la musica può essere un tale piacere da farci raggiungere quello che mi piace definire uno “stato di grazia”.

Ricordo serate davvero nere, dove nel tango e nei suoi abbracci ho trovato una carezza per la mia anima. Chiunque abbia provato quella sensazione non può più smettere di cercarla; dopo più di 20 anni di tango e migliaia di abbracci, nelle serate tanguere, io sono ancora alla ricerca di quella sensazione e a volte ho la fortuna di riviverla.

Comunque, tornando alla storia…

Dopo un paio d’ anni, l’inizio di un percorso col mio primo partner importante durato 6 anni, un ragazzo argentino, Daniel Montano… Insieme abbiamo studiato, siamo cresciuti e abbiamo lavorato, ottenendo consenso, considerazione e un buon successo a Roma, ma non solo.

Poi la separazione.

Per due anni continuo ad insegnare nella mia scuola, oltre a collaborazioni con diversi colleghi, poi l’incontro con il secondo partner, Giampiero Cantone, italiano.

Lui era già ballerino, ma di standard, nel tango era molto all’inizio; con lui e per lui, ricomincio un nuovo percorso di studio, caratterizzato da molti viaggi a Buenos Aires.

Lui, competitore accanito, mi trascina nel mondo delle gare, che scopro assolutamente stimolanti, faticose ma anche ricche di piacevoli circostanze e di tante nuove conoscenze.

Competere ci porterà un titolo italiano, un europeo e diverse finali ai mondiali di Buenos Aires.

Di quegli stessi anni sono la creazione di una scuola importante, l’apertura di una milonga esibizioni, festival, spettacoli.

Dopo 7 anni, una nuova separazione…

Da allora mi sono capitate cose bellissime. La sensazione di poter raccogliere i frutti di tanti anni di lavoro.

Ho avuto l’occasione di viaggiare tanto, per collaborazioni con importanti ballerini che mi hanno coinvolta e che io ho coinvolto in alcuni lavori.

Da quasi 4 anni, poi, collaboro stabilmente nella scuola con Santiago Castro, ballerino cileno di fama internazionale.

Con lui insegno una danza popolare, un tango alla portata di tutti, dove la tecnica è importante, senza che però ci sia nulla di troppo impostato; dove al primo posto non ci sia la forma, ma il piacere corporale del movimento a due che funzioni, che fluisca, che sia nella musica.

Cosa è successo in questo anno pandemico?

Beh, niente più serate danzanti ovviamente. Locali che non lavorano, affitti da pagare. Socialità quasi azzerata, economia non ne parliamo. Qualche aiuto economico c’è stato, ma ridicolo. Se davvero avessimo dovuto vivere di quello figuriamoci!

Per fortuna abbiamo continuato ad insegnare, scoprendo nuove forme, nuovi mezzi, nuove situazioni.

Quello che la contingenza permetteva. Certo tutto molto ridotto nei numeri e quindi nelle entrate.

Ma una fiammella è rimasta accesa, con il nostro gruppo di tango online, poche decine di allievi che hanno deciso di non fermarsi e di trovare il buono anche in questa situazione.

Si è creata una piccola famiglia, figlia del covid, piena di affetto, sostegno, entusiasmo e impegno, e ha dato i suoi frutti.

I ragazzi sono cresciuti, hanno imparato tante cose che nelle lezioni normali si affrontano, ma solo marginalmente per ovvi motivi di tempo.

Si è dato spazio e importanza ad altri aspetti che sono sempre tango e che contribuiscono alla crescita e alla maturità di un tanguero: la storia, la musica, le orchestre.

Quando si studiava la tecnica e il passo, anche noi maestri eravamo diversi, spinti a dare tutto il possibile pur di non far pesare la situazione. E poi entrare nelle case, conoscere i bambini, gli animali… gli aperitivi insieme.

Il bello c’è stato nonostante il maledetto virus e persino del 2020, io che rispetto a molti posso ritenermi fortunata, ho tanti bei ricordi da portare con me.