Meta di una splendente giornata di vacanza è l’ascesa al Sestriere dal lato di Perosa Argentina: 40 km di continua pendenza, dove attacchi il pedale a 567 mt s.l.m e lo stacchi a 2035.
Queste sono vacanze molto particolari per me, giunte dopo una serie di complesse e tristi vicissitudini personali che mi hanno temprato al punto tale da farmi sembrare questi 40 km alla mia portata.
Ho scoperto che se vuoi conoscere veramente chi ti si para difronte, basta mettergli una bici sotto al sedere e portarlo ai piedi di una qualsiasi salita che lui reputi impegnativa.
La casistica da me raccolta scientificamente dimostra che una trentina di colpi di pedale svelano più̀ verità̀ di quante ne scoprirei in tre o quattro incontri.
Da come infatti il malcapitato di turno gestirà̀ le forze, da come terrà il punto quando i muscoli inizieranno a bruciare, comprendo di che pasta è fatto: se molla subito… beh… a voi le debite considerazioni.
Salire vuol dire soprattutto mettere a nudo i propri limiti e farli vedere a chi ti supera in scioltezza; lottare contro una forza che si oppone costantemente alla volontà̀ di andare avanti e non darsi comunque per vinto a tavolino.
Pedalo in salita non sottovalutando mai i miei limiti ma provando comunque a dare il 100% … esattamente come nella vita.
E dopo questo ghirigoro psicofilosofico torno dove ero rimasta: alla base dei 40 km che mi separano dal Sestriere.
Inizio a pedalare con un filo di emozione, immaginando il percorso che non conosco ma, come mia abitudine, mi estraneo rapidamente da ogni pensiero: cadenza di pedalata e frequenza cardiaca sono gli assi cartesiani che descriveranno le mie prossime ore di vita.
Ma mano che procedo, attraverso piccoli paesini che pullulano di e-bikers fermi ai bar: le loro birre ghiacciate non hanno nulla a che spartire con la brodaglia di acqua e sali minerali che sciaborda nella mia borraccia: vi giuro che ho fatto non poca fatica a tenere la concentrazione mancando ancora 23 km all’ arrivo!
Curva dopo curva, dimentico le birre ghiacciate mentre il panorama si fa sempre più̀ maestoso…
Posso permettermi persino di guardarlo visto che le pendenze non sono mai punitive. Tuttavia, più̀ salgo più̀ le raffiche di vento mi schiaffeggiano: mi raccolgo, schiaccio sui pedali e stringo i denti per andare avanti … esattamente come nella vita.
Mancano 10 km. Ho una galleria di 750 mt da affrontare e non sono tranquilla. Sono i 750 mt più̀ duri di tutto il percorso: mi ritrovo in un vero e proprio tunnel di vento contrario, con le macchine che mi levano la polvere dalla coscia sfrecciando oltre il limite di velocità.
La strada appende niente male e l’illuminazione non è nemmeno il massimo.
Cerco la luce in fondo al tunnel ma niente: tocca rimanere concentrati e pedalare a tutta per evitare il peggio … esattamente come nella vita. Finalmente fuori. Tiro un sospiro di sollievo: se esiste il santo patrono dei ciclisti, l’ho ringraziato in deroga al mio spirito agnostico.
Rimangono ormai pochi km, ma il tratto in galleria mi ha notevolmente fiaccato in termini psicofisici.
Solo a 300 mt dall’ arrivo esclamo a voce alta “Siiiiiiiii!! Anche a te t’ho portato a casaaaaa!”.
Raggiungo la piazza- all’ora dell’aperitivo (!)- trionfante quanto panata di polvere e sudore, catturando l’attenzione di una giovane sciuramaria milanese che mi guarda con aria un po’ sospesa. Lei non si mostrerebbe mai così conciata.
Glielo leggo dietro gli occhialoni da diva, mentre metto il piede a terra dopo due ore e diciassette minuti di pedalata continua. La soddisfazione che provo è tale da far sparire polvere, sudore, fatica e la sciuramaria che mi guarda come fossi una bestia esotica.
Il tempo di una foto e sto già̀ pensando con entusiasmo ad una nuova sfida
…Esattamente come nella vita.
Valeria Angrisani