Presente da oltre un secolo nel panorama urbano mondiale, la bicicletta torna oggi ad essere timidamente “attrice protagonista” anche nel nostro paese.
Questo accade in conseguenza dell’avvio alla cosiddetta Fase 2 con il ritorno ad una certa normalità dopo il lockdown da Covid 19 ma, anche con un incolmabile gap in termini di diffusione e di infrastrutture dedicate, se ci confrontiamo con altri paesi non solo europei.
Non è qui la sede per capire perché ci si trovi con questo enorme ritardo e né l’argomento che affronteremo insieme poiché le cause sono molteplici e partono da molto lontano, soprattutto se consideriamo il territorio di Roma.
Condizioni essenziali dettate dai comitati scientifici, dalle organizzazioni mondiali, dai governi locali e dal buon senso di ognuno di noi saranno che, questo primo passo verso la normalità avvenga con il necessario e indispensabile rispetto di almeno due regole di pacifica e reciproca convivenza che tutti abbiamo imparato come un mantra:
distanziamento sociale e divieto di assembramento.
Come sappiamo sono molte le organizzazioni, enti e società che hanno concesso anche massicciamente il ricorso al c.d. smart working, lavoro agile nelle circolari delle pubbliche amministrazioni. Basti pensare che il Comune di Roma prevede che l’80% del suo personale, in questa seconda fase, continuerà ad operare in smart working.
Ma, sono anche molte le categorie di lavoratori e settori produttivi che dovranno recarsi fisicamente presso la sede di lavoro in aggiunta a coloro che finora non si sono mai fermati garantendo a tutti noi, nella fase acuta del lockdown, produzioni essenziali, approvvigionamenti, cibo, trasporti, sicurezza, informazione, assistenza e cure mediche.
La necessità di raggiungere il posto di lavoro a queste categorie preziose è stata finora indirettamente agevolata da un traffico di molto ridotto e dalla pressoché azzerata affluenza sui mezzi pubblici, soprattutto nei grandi centri urbani.
Dal 4 maggio questa indiretta tutela per le categorie ancora basilari per uscire fuori dal nemico invisibile scomparirà e l’avvio della fase 2 sarà invece una criticità che andrà a collidere pesantemente con le indicazioni di salvaguardia reciproca.
L’impossibilità di viaggiare in piedi e il distanziamento da tenere a bordo provocherà una drastica riduzione dell’offerta di trasporto pubblico locale siano essi autobus, metropolitane o treni regionali. Un disagio che colpisce tutte le categorie di utenti e soprattutto coloro che non dispongono di un mezzo privato.
“Ce lo dicono i dottori”
L’OMS invita a considerare che in questa fase, per quanto sia possibile, camminare e pedalare assicurano il giusto distanziamento sociale e il giusto apporto di attività fisica, che non dovrebbe mai mancare e che concorre nel garantire un sistema immunitario forte contro questa pandemia.
Nell’intima consapevolezza che domani, ancora di più, siamo tutti chiamati a fare la nostra parte affinché il ritorno alla normalità non implichi un ritorno al delirio sulle strade che tutti conoscevamo, necessariamente, l’utilizzo del mezzo privato dovrà essere ridotto al minimo. Camminare o andare in bicicletta per i nostri spostamenti urbani farà la differenza, liberando concretamente un posto a bordo di un mezzo pubblico o lasciando un posto auto o una posizione in fila al semaforo all’automobilista, che per motivi imprescindibili, non potrà rinunciare all’uso dell’automobile.
Anche i miei amici di Bikeitalia hanno pubblicato un interessante articolo sull’argomento con una considerazione finale che condivido pienamente e sulla quale invito tutti a riflettere:
“ Dobbiamo smettere di pensare alla bici come a uno sport, perché si tratta di una visione riduttiva e non strategica, che non porta da nessuna parte, e iniziare a trattarla come uno strumento di facile applicazione e ad elevata capillarità per modificare in meglio le abitudini di spostamento e di attività fisica delle persone.”
La bicicletta non è solo uno strumento sportivo è innanzitutto un mezzo di trasporto.
Il Rapporto Mobilità 2019 del Comune di Roma ha valutato che, su una popolazione residente di circa 3 milioni di abitanti, il che equivale alla somma delle popolazioni dei 7 comuni più popolosi d’Italia, avvengono quotidianamente circa 5 milioni di spostamenti effettuati per il 50% in automobile, per il 20 % con il TPL, per il 18% a piedi e il restante 12% in altre modalità di cui solo l’1,5% in bicicletta o mobilità alternativa (monopattini, ecc.). Di questi il 53% di tutti gli spostamenti avviene all’ambito del territorio del proprio municipio con distanze medie di 15 minuti nel tragitto partenza-destinazione.
La velocità media nell’utilizzo del mezzo privato in città è di 18 km/h.
Di tutti gli spostamenti in pre-covid, come detto, solo l’1,5% avveniva con l’utilizzo della bicicletta, una percentuale bassissima che comunque sulla strada già produceva un piccolo esercito fatto di 75.000 spostamenti che sarebbero stati percorsi in altra modalità.
E’ sul 53% degli spostamenti in ambito territoriale che dobbiamo ora concentrare la nostra attenzione. Si tratta di spostamenti su spicchi e aree di territorio che nell’ambito dello stesso municipio possono arrivare ad un distanza media di circa 7km e che, alla velocità media di un veicolo a motore in ambito urbano di 18 km/h, comportano meno di mezzora di tragitto, non considerando però le variabili non certamente stimabili di ricerca del posto auto e di presa e rilascio del mezzo privato che pure si sommano alle percorrenze se non addirittura, nei casi peggiori, raddoppiano i tempi di percorrenza.
E’ a coloro che ricadono nel 53% degli spostamenti urbani che si deve concentrare l’attenzione e l’invito a considerare l’eventualità di un diverso approccio ai propri trasferimenti in ambito urbano. Non sono così pochi i fortunati che possono raggiungere le loro mete con tragitti singolarmente fattibili (da 0 a 7-8km): se si considerano 5 milioni di spostamenti parliamo di 2.5 milioni di singoli tragitti.
Il camminatore e il ciclista che sono in noi.
Consideriamo che a passo piuttosto deciso un pedone proceda ad una velocità di circa 12 minuti a km e stabiliamo in mezzora massimo il tempo che può dedicare al suo trasferimento in modalità “camminatore”. Sono le distanze da 0 a 2,5 – 3 km quelle perfette per il cittadino pedone/camminatore che potrà inoltre contare sul guadagno di tempo indiretto dell’aver decurtato, dal computo del suo tragitto, i tempi morti di attesa di un mezzo pubblico, con i previsti disagi di questo periodo o di presa e rilascio di un mezzo privato.
Nella stessa mezzora, a una velocità media di circa 15 km/h, un ciclista percorre almeno 7,5 km. Anche in questo caso è da 0 a 7-8 km la distanza dove realmente risulta efficace il trasporto in bicicletta o mezzo alternativo siano essi monopattino o bike sharing. Anche per il ciclista si azzerano i tempi morti di attesa per un mezzo pubblico e sono di molto ridotti i tempi di presa e rilascio del mezzo privato, soprattutto considerando la ricerca di un parcheggio. Una distanza tra l’altro percorribile con qualsiasi mezzo che abbia due pedali, freni, luci e un campanello: non necessariamente serve l’utilizzo di una bici all’ultimo grido.
“Quindi, come faccio a pedalare da Morena a Corso Trieste?” Mi chiede un’amica..
Non si può chiedere a tutti di usare la bicicletta o di andare a piedi e sarebbe non realistico pensare che tutti possano farlo nelle condizioni descritte, ma chi può e ne ha voglia e riconosce di ricadere in quel 53% di “fortunati” è forse arrivata l’occasione di provare. Ognuno può fare la propria parte, anche con un piccolo gesto quotidiano e il piccolo gesto di tanti può concretamente fare la differenza nelle nostre città, continuandoci a regalare buona parte di quel silenzio e di quella qualità dell’aria che ognuno di noi sa benissimo di non aver mai ascoltato o respirato in città.
Non possiamo ancora fisicamente farlo e chissà ancora per quanto tempo ci sarà vietato ma, per quanto possibile, ”Damose ‘na mano”.
Marcello Perotta