Questa è la storia di Gabriele e il suo allenatore Matteo Bruni. Gabriele è un bambino di 9 anni, innamorato della pallacanestro, con il coraggio di un capitano, e il cuore pieno di paura.
E’ una storia fatta di magliette sudate, sacrifici e allenamenti, e di un derby appassionato, con le squadre in perfetta parità, dove negli ultimi secondi del 4 tempo l’arbitro fischia un fallo con due tiri liberi decisivi che spetteranno proprio a lui.
Chissà quanti pensieri sono passati nella testa di Gabriele, con i compagni che ripongono tutte le speranze in quei due canestri.
Ma un giocatore non si giudica da un tiro solo, perché può capitare che anche i grandi campioni sbaglino, abbiamo perso partite memorabili ai rigori nei mondiali di calcio.
Per una palla che può volare più in alto dei nostri sogni. Ma ce lo ripetiamo da sempre, da quella leva calcistica che cantiamo per ogni volta che c’è un bambino accecato dal sole che batte sul campo di pallone.
Questa volta anche il nostro Gabriele ha paura di sbagliare il tiro decisivo e non sa che non è da quei particolari particolari che si giudica un giocatore.
Siamo a Calcinaia e in un campo di basket si sta disputando un derby nei campi della Juve, due tiri e il dado è tratto, ma Gabriele sbaglia il primo.
Inizia a tremare, chiede di uscire, vuole ritirarsi sente i fischi e le urla della squadra avversaria che esulta. Su quel campo i suoi 9 anni di vita vibrante fanno paura, con il pallone ed un canestro che sembrano sempre più lontani.
Gabriele sta piangendo, sente di non farcela. Il coach fa fermare il tempo, si avvicina e lo bacia in testa dicendogli:“ io credo in te, adesso riprovaci”
Il ragazzo guarda negli occhi il suo allenatore, il punto di riferimento, e allora ecco il cuore dentro le scarpe e via a correre più veloce del vento dentro il campo, prende il pallone che sembra stregato, scompare la paura, secondo tiro libero ed è vittoria.
Questa è la forza dello sport e delle parole che arrivano al momento giusto. Quelle che ognuno di noi vorrebbe sentirsi dire prima di una gara o di una partita. Perché a volte la fiducia in noi stessi viene meno e quel sottile equilibrio si spezza con così poco.
Gabriele non conosce le storie di giocatori tristi che non hanno vinto mai ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro.
Gabriele conosce gli sforzi dei suoi allenamenti settimanali, li ha rispettati, a volte è rimasto anche un’ora in più e ha giocato con quelli quelli più grandi di lui.
Gabriele non sa che un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia e quel tiro perfetto che fa venire giù ogni cosa: le grida di gioia dagli spalti, la felicita di un gruppo e tutta la stanchezza che crolla in un pianto sfinito sotto gli occhi di tutti.
A fine partita, dalle tribune, qualcuno scatterà quella fotografia che farà storia, il fermo immagine perfetto, che varrà più di ogni medaglia.
Perché se a volte le cose non vanno come dovrebbero, avere qualcuno che crede in noi stessi,è un motivo in più per provarci.
Bravo Gabriele
Dominga Scalisi