Franco Faggiani è giornalista, scrittore e grande appassionato di montagna.
Ci conosciamo dai tempi di X.RUN, una delle riviste più innovative che animò il mondo editoriale del running. Fondata nel 2008 da Franz Rossi e Franco Faggiani era il direttore.
Ha lavorato come reporter nelle aree più calde del mondo e ha scritto manuali sportivi, guide, biografie, ma da sempre alterna alla scrittura lunghe e solitarie esplorazioni tra i suoi monti.
Ci siamo sentiti al telefono per uno scambio di battute, punti di vista e osservazione di un paese che dalla natura potrà trovare ancora ispirazione e cura.
Ci ricordiamo tutti il vostro progetto di X.RUN dove lo stile, diverso da quanto c’era sul mercato, ha sempre contraddistinto le sue storie. Ricordo ancora quando il nostro amico Franz Rossi mi disse “le foto non sono sempre in linea con il testo”.
Franz Rossi è da sempre un esperto di comunicazione a tutto campo e ha sempre avuto la capacità di “prevedere”, di anticipare i tempi. Così è stato anche con X Run, una rivista a suo tempo innovativa. La cosa interessante era proprio il non allineamento tra testi e foto, che però avevano il merito di raccontare la stessa storia, vista da due finestre diverse.
Oggi guai a non mettere una bella foto di apertura e chiusura, e altre nel corpo del testo come se fossimo davanti a lettori bambini a cui devi fare i disegni per non perdere la loro attenzione.
Probabilmente è un’abitudine che ci portiamo dietro. La gente ha sempre letto poco, preferendo l’attrazione delle immagini. Io sono cresciuto con L’Europeo ed Epoca, settimanali di grandi reportages, con Oriana Fallaci e Walter Bonatti, per citare due autori noti. Le foto erano più incisive delle parole. Anche io, nella mia carriera giornalistica, ne ho realizzati alcuni, in giro per il mondo, e le cose che mi chiedevano i direttori non erano i bei testi ma foto, foto, foto.
Il testo scritto non faceva paura a X.RUN? e oggi credi che l’iper presenza dei social abbia peggiorato il rapporto tra lettore e testo scritto soprattutto in rete?
Alla base del testo ci deve essere una bella storia, e meglio è scritta, più lettori arrivano. Anche i libri di narrativa sono, o dovrebbero essere, questo: storie interessanti scritte bene.
Sui social la cosa non cambia, anche se la presenza di una immagine bella, oppure curiosa, o in tema, aiuta molto. Ma anche qui vale la capacità di scrittura. Io esploro i social anche per esigenze professionali e scopro tante cose scritte bene, sia in poche righe sia in testi lunghi. È vero che la regola generale social dice di essere concisi (e non è per niente facile, tanto che Voltaire diceva a un amico: scusa se ti ho scritto una lettera lunga ma non ho avuto il tempo di scrivertene una breve), ma se uno sa esprimersi con chiarezza, semplicità e sentimento anche un testo lungo verrà letto fino in fondo. Sui social comunque il punto è avere veramente qualcosa da dire, non scrivere qualcosa tanto per farsi ‘vedere’.
I tuoi libri, in particolare gli ultimi 4 lavori per Fazi Editore NON ESISTONO POSTI LONTANI (2020) – L’ARRIVO DI UNA STRANA PRIMAVERA (2020) – IL GUARDIANO DELLA COLLINA DEI CILIEGI (2019) – LA MANUTENZIONE DEI SENSI (2018) sono la testimonianza di un amore per la natura e in particolare per la montagna. Per un uomo nato a Roma e cresciuto professionalmente a Milano è stata una fuga, un rifugio o una scoperta di un mondo che ti sta salvando e risollevando dalle nevrosi di città?
Fino a 14 anni la montagna più alta che avevo visto era stata… Monte Mario, sopra la mia testa, perché abitavo in via Trionfale. Poi, una volta al Nord, ho subito avuto un impatto forte con la montagna. Il primo amico, dopo una settimana che ero a Milano, mi ha portato tra le pareti calcaree delle Grigne, mi ha legato a una corda e mi ha portato a scalare alcune pareti. Un trauma! Però da lì ho iniziato una attività sportiva intensa: alpinismo, trekking, sci di tutti i tipi, corsa… poi, pochi anni fa, ho scoperto, finalmente, la ‘dimensione, bosco’, la solitudine, il camminare lentamente, l’osservare, l’ascoltare, il riflettere e mi si è aperto un mondo nuovo, molto ricco, affascinante. Non più conquistare la montagna ma attraversare la montagna. Da questi percorsi, spesso affrontati da solo ma che mi hanno permesso di incrociare persone straordinarie, sono nate le storie raccontate nei miei libri.
Possiamo credere che il tuo percorso sarebbe d’esempio per noi gente di città? in fondo il nostro paese ha mille angoli da svelare e riscoprire a sostegno di un ciclo di vita nuovo.
Mi auguro che sia da esempio per qualcuno! Oltretutto non è difficile seguirlo perché, come appunto detto, non serve più a nessuno, nemmeno da un punto di vista narrativo, la montagna d’alta quota, la conquista di una vetta, l’avventura estrema. Serve un contatto rispettoso con la natura, fare un lungo percorso, esplorare un luogo, conoscere persone nuove e tutto questo si può fare allontanandosi solo di poche decine di chilometri da ogni grande città. Oltretutto sono convinto – e non sono il solo – che la nuova frontiera sia l’Appennino, davvero a portata di mano.
La montagna per un paese che è una penisola sembra infondere più fascino con le sue storie di popoli e imprese a cosa è dovuto a una narrativa più attenta o si presta meglio ad essere raccontata?
La montagna che dico io offre mille storie da raccontare, basta scovarle. La narrativa attuale sta facendo questo, perché gli autori sono più attratti dalle vicende della gente comune, dalla conoscenza dei luoghi defilati, da una ricerca più attenta e meno riservata agli esperti. I libri scritti da alpinisti famosi ormai interessano solo gli alpinisti famosi e il loro entourage. Una volta invece c’erano solo quelli. Con le dovute eccezioni dei magici testi di Mario Rigoni Stern o di Dino Buzzati, antesignani illustri, penso che da Mauro Corona in poi, da Paolo Cognetti in avanti, le narrazioni sono cambiate, le montagne sono state rese più accessibili.
Nel tuo nuovo lavoro sei andato alla scoperta di luoghi in un’Italia devastata dalla guerra, una vicenda che racconta l’amicizia, la bellezza dell’arte. Non credi che potremmo per assurdo provare a fare un percorso simile e reale nell’Italia del covid?
L’ultimo libro edito da Fazi è stato scritto dopo aver fatto questo lungo viaggio negli Appennini, attraversati su strade secondarie e senza una direzione preconfezionata o una meta giornaliera prestabilita. Decidevo tutto lì per lì, in base al tempo, a un paesaggio attraente o a alla scoperta di un borgo stagliato su una collina. Il viaggio inteso come scoperta e come incontro. Prima di partire mi ero documentato sui fatti della seconda guerra mondiale, perché in quel periodo si snoda in racconto, ma alla fine del viaggio ho messo da parte tutto quel che avevo letto sui libri di Storia e mi sono basato solo sulle vicende belliche locali raccontatemi dagli anziani dei paesi attraversati. Molto più interessanti.
Adesso che il Covid mi impedisce di esplorare, progetto dei bellissimi viaggi sulle carte geografiche, mi documento, esploro i territori con la lettura, cerco libri sulle storie locali, guardo fotografie, mi ingegno. Pochi giorni fa, per esempio, volevo sapere qualcosa di più dei Monti della Laga; allora ho chiamato, senza conoscerlo, il sindaco di uno dei paesi vicini, e alla fine siamo stati due ore su Skype a raccontarci curiosità, aneddoti, luoghi. Insomma, per il momento viaggio così, ed è anche un bel modo per sognare, oltre che per rendere utile il tempo.
Cosa manca tra la realtà dei fatti e la capacità della fantasia narrativa, per provare a essere fonte di ispirazione con la prima, e usare la forza del romanzo come via maestra, ed esempio per migliorarci?
La realtà ci propone un sacco di storie interessanti, fonti di ispirazioni facili da raggiungere. Più che la fantasia serve la creatività, cioè la capacità di dare alla realtà una struttura accattivante, curiosa, avvolgente. Come accennato poco fa, l’abilità o la capacità (io sono allenato da 50 anni filati di giornalismo sul campo, ovvero senza i social a portata di mano) consiste nel trovarle queste storie reali, e poi nel capire se una cosa apparentemente banale, una volta passata sotto la lente d’ingrandimento della creatività, può diventare una storia meritevole di essere raccontata.
Sostiene lo scrittore giapponese Murakami che le storie si trovano ovunque, anche nel fondo dei cassetti dimenticati. Poi però bisogna essere capaci di andar lì con l’unghia e scrostarle, tirarle via dal fondo del cassetto o dalle fessure in cui si erano incastrate.
Abbiamo capito che dalla natura, dal rapporto con essa, dalla necessità del rispetto, arriva l’insegnamento più grande?
Non credo che lo abbiamo capito. Ci stiamo però accorgendo, seppur lentamente, che dalla natura può arrivare un aiuto per vivere meglio. Ci stiamo rendendo conto, anche qui però con estrema flemma, che i cambiamenti climatici ci creeranno problemi e che questi cambiamenti sono dovuti per lo più al lungo maltrattamento della natura. Però sono fiducioso, anche se a lunga scadenza. Le nuove generazioni, non certo la mia o quella che mi segue, sembrano più attente. Ho scoperto di recente che c’è anche una certa inversione di tendenza nello spopolamento delle nostre montagne, ovvero giovani che, dopo aver studiato in città, tornano a vivere nelle borgate, inventandosi anche nuovi lavori. Forse c’è stata anche una influenza ‘positiva’ de Covid, molti sono stati costretti a lavorare a domicilio e alcuni – artisti, informatici, liberi professionisti, studiosi, ricercatori, grafici, intellettuali… – hanno scoperto che i loro lavori citadini possono essere fatti anche dalla casa dei nonni nella campagna reatina, in cui da anni non andava più nessuno.
Certo, non è proprio facile, specie all’inizio, ma ce la possiamo fare. Però dobbiamo avere la consapevolezza che la natura non è solo il bel paesaggio autunnale, il prato fiorito, la collina punteggiata di mucche al pascolo, il bosco di abeti che precede la vetta innevata sotto il cielo blu. Queste sono cartoline. La natura è un insieme di tante cose, comprese le tempeste, il freddo, le nuvole che si fermano sopra di noi per settimane, il vento, la frana, la solitudine. Non esiste madre natura; esiste semmai, una natura matrigna.
Rispettiamola sempre, ma senza eccedere in confidenze.