“Essere un runner in qualche modo”

Essere un runner

In occasione della presentazione del libro dal titolo “Essere un runner in qualche modo” scritto da Alberto Rossetti e Matteo Girardi, abbiamo affrontato molte questioni sul nostro legame con la corsa, l’atto apparentemente semplice, primordiale, che ci riporta alle origini del nostro essere.

Correre è molto più che un movimento meccanico. È uno spazio di ascolto, di stupore e di comprensione personale.

Gli autori si sono chiesti molto semplicemente: “Ma perché, a un certo punto della nostra vita, decidiamo di correre?”

Uno degli aspetti più affascinanti della corsa è la sua capacità di farci entrare in connessione con noi stessi. Alberto, uno degli autori del libro, descrive questo processo come un atto di ascolto. Correre ci mette in una condizione di silenzio, dove il frastuono del mondo esterno lascia spazio alla nostra voce interiore. In un’epoca in cui siamo bombardati da stimoli continui, trovare uno spazio per ascoltarci diventa un bisogno vitale.

La corsa diventa allora un momento per sintonizzarci con le nostre emozioni, i nostri pensieri più profondi e il nostro corpo. Non è un caso che molti corridori scoprano una sorta di meditazione attiva durante i loro allenamenti: il ritmo dei passi diventa una musica che ci guida verso una consapevolezza più autentica di noi stessi.

correre senza scuse

Correre non è solo ascolto, è anche stupore. Matteo, co-autore del libro, racconta la meraviglia vissuta durante la sua prima maratona a Roma. La corsa ha la straordinaria capacità di sorprenderci, di farci riscoprire il mondo con occhi nuovi. Che si tratti di un paesaggio mozzafiato, di un’alba silenziosa o del semplice piacere di spingere il nostro corpo oltre i suoi limiti, ogni corsa è un’opportunità per meravigliarci.

Lo stupore nella corsa si manifesta anche nei piccoli traguardi personali: quando ci accorgiamo di aver migliorato un tempo, di aver affrontato una salita che ci sembrava impossibile o di essere semplicemente riusciti a portare a termine un allenamento in una giornata difficile. La corsa, in questo senso, ci restituisce la capacità di meravigliarci della nostra stessa forza.

Il rapporto con il corpo

C’è poi un altro aspetto fondamentale che la corsa mette in luce: il rapporto con il corpo. Correre ci porta a un dialogo costante con il nostro fisico. Impariamo a conoscerlo, a capire i suoi limiti e le sue potenzialità. La fatica, il dolore e la soddisfazione diventano messaggeri attraverso i quali il corpo comunica con noi.

Nel libro si parla di come la corsa ci aiuti a riscoprire il nostro corpo in un modo nuovo, non come un oggetto da controllare, ma come un alleato. Correre significa imparare a rispettare i propri ritmi, a valorizzare il riposo e ad apprezzare la resilienza che ci permette di superare le difficoltà. Ogni corsa, ogni chilometro percorso, diventa un atto di dialogo tra mente e corpo, un modo per riconnettersi con se stessi e vivere il proprio corpo come uno strumento di forza e resistenza.

La corsa e il tempo: una relazione complessa

Uno degli aspetti più sorprendenti del libro è l’assenza di riferimenti cronometrici. In un mondo in cui siamo ossessionati dal tempo, dal miglioramento delle prestazioni, dal numero di chilometri percorsi, “Essere un runner in qualche modo” ci invita a riflettere su un’altra dimensione della corsa: quella in cui il tempo non è un nemico, ma un compagno.

Il tempo nella corsa può essere vissuto in modo diverso. Non è solo una questione di velocità, ma di presenza. La corsa ci insegna a vivere il momento, a essere presenti in ogni passo, a respirare nel ritmo del nostro corpo. È un invito a rallentare, a non correre sempre “contro” il tempo, ma a correre “con” esso, accettando che ogni giornata, ogni corsa, ha il suo tempo.

Obiettivi e motivazioni: perché continuiamo a correre?

La corsa, come la vita, è fatta di obiettivi. Ogni runner sa quanto sia importante avere una meta, che si tratti di una gara, di un miglioramento personale o semplicemente del piacere di correre per il puro gusto di farlo. Ma cosa ci spinge davvero a metterci le scarpe da corsa ogni giorno?

Nel libro, si parla del rapporto con la motivazione, di come essa si costruisca e si trasformi nel tempo. Correre non è solo un modo per raggiungere un obiettivo, è un processo continuo di crescita, una sfida con noi stessi. È la forza che ci fa superare la stanchezza, che ci spinge a non mollare, a continuare nonostante tutto. E spesso, la motivazione più profonda non è quella esterna, ma quella interna: correre per sentirsi vivi, per sentire che, nonostante le difficoltà, siamo capaci di andare avanti.

Quando smetteremo di correre?

Il libro si chiude con una domanda provocatoria: “Quando smetteremo di correre?”. La risposta, forse, non è così ovvia. Per molti di noi, la corsa non è solo un’attività fisica, è una filosofia di vita. Smetteremo di correre solo quando smetteremo di cercare, di ascoltare, di stupirci, di lottare. E finché avremo la forza di fare tutto questo, continueremo a correre, perché la corsa non è altro che un riflesso del nostro desiderio di vivere pienamente.

In fondo, la corsa non è solo uno sport. È un viaggio, una sfida, una scoperta. È il nostro modo di esplorare il mondo e noi stessi, passo dopo passo.

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso