Equilibrio. E’ tutta una questione di equilibrio. Solo che, a questo termine, si possono riconnettere fenomeni e conseguenze del tutto differenti.
L’equilibrio, tanto per dire, è sia statico che dinamico. Un esempio facile del primo tipo è quando dovete stare in piedi ad aspettare. Dopo qualche tempo avrete bisogno di modificare la vostra postura proprio al fine di ristabilire l’equilibrio, cioè una situazione di “stasi” fisica.
Per l’equilibrio in movimento è tutt’altra storia ed è quella evidente – pur se non ci avete prestato mai la minima attenzione – quando corriamo. Mettiamo un passo avanti all’altro, procediamo in linea retta, in curva, in salita, in discesa. In tutte queste situazioni effettuiamo una costante attività di “riassestamento”, di riequilibrio, per l’appunto, altrimenti cadremmo a terra, irresistibilmente attratti dalla forza di gravità.
L’equilibrio ha, però, un significato diverso se si prescinde dalla sfera della fisica medica e si pone l’attenzione su aspetti più legati alla parte spirituale.
In questa dimensione, siamo in equilibrio quando l’attività che svolgiamo – nel caso, la corsa – è effettuata in modalità tali da consentire un corretto rapporto tra la corsa ed il suo ambiente e, tra questo, ed il resto. Mi spiego subito.
Un podista è stato “equilibrato” se, nella sua condotta di gara, abbia mantenuto quella padronanza del sé da inserirlo “correttamente” nel flusso degli eventi. Il rapporto tra il sé (in quando podista) e l’ambiente implica che, oltre al dato “personale”, si valuta come sia stata la sua performance rispetto al resto. Esempio: Mario ha fatto una buona gara, ma ha litigato con uno che l’ha urtato. Chiaramente risulta in equilibrio rispetto alla sua condotta di gara ma non rispetto al resto (in questo caso: alle relazioni). Viceversa, Giovanni ha avuto un buon rapporto con tutti ma, in gara, ha voluto strafare e, correndo decisamente oltre i propri mezzi, all’arrivo ha rischiato il collasso.
L’equilibrio di “genere” (podistico, nel nostro esempio), deve fare i conti anche con la restante parte della nostra vita: siamo degli eccellenti podisti, andiamo perfino a premio, poi però non rispettiamo una scadenza di lavoro e rischiamo il posto. Evidente la disarmonia poiché l’attività della corsa (financo se fossimo dei “professionisti”), in nessun caso, può essere totalmente assorbente, ma costituisce sono una delle nostre sfaccettature.
A questo punto, con derive socio-filosofiche, l’equilibrio appare segnato da una connotazione da pezzo del puzzle che va sistemato nel giusto spazio. E solo in quello.
Questa immanenza traslerebbe il dato fisico su quello spirituale, con una sovrapposizione praticamente totale. In altre parole, tutto il “movimento” servirebbe per tornare ad una situazione di “stasi”, di “quiete”.
Se avessimo fatto così, tuttavia, non saremmo mai discesi dagli alberi e raggiunto la posizione eretta. Questo implica, un riequilibrio non rispetto alla situazione precedente ma con riferimento ad una situazione futura. Spostiamo le leve, aggiungiamo una variante, “rettifichiamo” qualcosa ed è dopo queste modifiche che si tende a ritornare in equilibrio. Cerchiamo, quindi, di progredire – per quel che possiamo – seguendo un fisiologico moto di instabilità.
Lo spostamento dell’equilibrio crea un nuovo equilibrio.
[Colonna sonora: Talk Talk, It’s my Life (Dario Caminita Revibe); Depeche Mode, Get the Bilance Right! (Longer UltraTraxx Remix)]