Ogni volta che apro il programma di allenamento che il mio coach di nuoto mi manda, faccio un lungo respiro. No, non è per abituarmi all’apnea: è perché leggere quelle sessioni è come ricevere un messaggio in sanscrito da un collega indiano con cui parli dello stesso lavoro ma in lingue totalmente diverse.
Abituato da anni alle tabelle della corsa – chiare, secche, quasi spartane – ora mi trovo davanti a un universo nuovo: stili, ripetute, tempi di recupero, Easy, Over, palette, pull buoy…
Mi tocca scrivermi tutto su un foglietto per non arrivare a bordo vasca con la faccia di chi ha dimenticato i compiti a casa. Alla fine, in piscina si fa anche scena: che tu sia scarso o meno, l’importante è sembrare impegnato.
L’ultima seduta? 3.200 metri. Solo a leggerlo, il numero fa paura. Ma alla fine quei 65 minuti di lavoro sono passati meglio del previsto. Il motivo? Un trucco mentale tanto vecchio quanto efficace: divide et impera.
Il vecchio adagio latino usato dai generali romani per mettere zizzania tra i popoli conquistati funziona sorprendentemente bene anche tra le piastrelle di una piscina. Solo che invece di dividere le popolazioni, qui dividiamo i chilometri.
Cos’è, in pratica?
Scomporre un allenamento troppo lungo o noioso in segmenti più brevi, ciascuno con un suo obiettivo e un suo senso.
In questo modo: eviti la crisi esistenziale al 400esimo metro. Hai sempre qualcosa su cui concentrarti. Ti sembra di fare meno fatica (spoiler: ne fai uguale, ma ti distrai meglio).
Perché funziona? – La mente non si ribella –
Pensare “devo fare 3.200 metri” fa venire voglia di lanciarsi direttamente nella vasca… ma per affogare. Se invece te lo spacchetti in mini-battaglie da 500 o 1.000 metri, sembra già un’altra storia. Ogni blocco completato è un piccolo trionfo. La tecnica non va a farsi benedire. Quando sei stanco, scivoli, prendi aria come un aspirapolvere e sembri una foca spiaggiata. Con blocchi brevi e reset mentali, puoi rimettere a posto stile, respirazione e cadenza più volte.
Controlli meglio tempi e sensazioni. Fare 4×200 veloci invece di un 800 tutto d’un fiato ti permette di capire se stai andando bene o se sembri una lavatrice a pieno carico.
Ti senti un figo. Ogni mini-traguardo ti carica. Hai fatto 3 blocchi su 5? Sei già oltre la metà. Il tuo cervello aggiorna la *progress bar* e ti fa credere che sei invincibile. (Non lo sei, ma ci piace crederlo.)
Questa tecnica non è solo da amatori disperati. È ben supportata da concetti seri come il Chunking: il cervello ama i blocchi. Lo dice la Gestalt, mica l’allenatore del dopolavoro. Goal setting: obiettivi brevi migliorano la fiducia. (Sì, anche se annaspi.)
Flow state: mini blocchi ti aiutano a “entrare in bolla”.
Strumenti utili per i nerd. Occhialini smart (FORM): ti dicono quanto stai soffrendo in tempo reale. Sessioni a tema: ogni blocco ha un focus – uno sulla tecnica, uno sulla soglia, uno sul ritmo… e nessuno sulla sopravvivenza, anche se servirebbe.
Quindi in conclusione anche se tu, come me, tremi davanti a una tabella con troppi zeri, ricordati: dividi e comanda. O almeno nuota meglio, senza sembrare un fenicottero ubriaco. Alla fine, ogni vasca è un piccolo impero da conquistare. Un 25 alla volta.