Il potenziale vincitore di una gara in pista parte sempre dalla corsia numero quattro: mai dalla numero uno, come verrebbe logico pensare.
La corsia numero quattro è infatti quella con le migliori traiettorie per correre forte e vincere.
E’ il quattro che tutti gli atleti sognano di almeno una volta nella vita; se parti da lì, vuol dire che te lo sei meritato. Con le gambe e con la testa.
Nella gara di tutti i giorni invece ti ritrovi in una determinata corsia senza troppi meriti o colpe: non ti sei allenato per partire da dove sei: allo sparo devi andare e basta, provando a vincere comunque.
Qualcuno magari ti invidia quel blocco di partenza che la sorte ti ha concesso; tutto fila liscio, con progetti che sembrano galoppare leggiadri verso il traguardo, mentre gli avversari sono solo un rumore di fondo che ti serve per tenere alto il ritmo.
La tua vita è cambiata per sempre una volta allacciate le scarpe a bordo pista. Chilometri e nuove consapevolezze si sono aggiunte ai tuoi giorni.
Impari ben presto che un giro di pista, sono 400 mt. E mentre corri quella distanza da sempre uguale a se stessa, ti rendi conto più profondamente che la vita non ha mai corsie e traiettorie di così note e definite.
Oggi sono relegata al bordo pista di una corsia che non è in uno stadio.
Sono al di là di una porta della Terapia Intensiva Cardiologica, che mi divide dal dono più grande che la corsa mi abbia fatto mai: il mio compagno.
Posso solo immaginarlo in quella corsia di ospedale, dove l’ho accompagnato senza nemmeno il tempo di rendermene conto.
Un fulmine a ciel sereno l’ha scaraventato in una gara di salto a ostacoli fra accertamenti, ipotetiche diagnosi, scenari futuri incerti e perciò poco rassicuranti. A me il compito di aiutarlo in ogni modo a uscirne vincitore.
Oggi devo concentrarmi nello scegliere la traiettoria emotiva migliore, senza cedere alla fatica e timore di non sapere quando potrò passargli il testimone e vederlo tagliare il traguardo.
Siamo partiti per questa staffetta col vento contrario e lo sparo del via ci ha spaventato al punto tale da non riuscire a capire se siamo o no sulla corsia dei favoriti.
Ma poi, inaspettatamente, la curva interminabile delle incertezze si raddrizza, e con un profondo senso di liberazione vedo mio compagno alla zona di scambio, con la mano tesa pronto a ricevere il testimone che con tanta determinazione ho dovuto portare con me in questi giorni.
Taglia il traguardo e solo allora mi rendo conto che abbiamo vinto contro un avversario apparentemente molto più forte di noi.
Queste poche righe sono dedicate a tutti noi, partiti all’ improvviso dai blocchi con le scarpe quasi slacciate e a muscoli freddi, ma che abbiamo sempre sperato fermamente di essere sulla corsia dei favoriti alla vittoria.
Perché quel quattro sappiamo di meritarlo, almeno una volta nella vita.
Se non con le gambe.. almeno con la testa
Valeria Angrisani