Lavorare stanca. Ma pure la corsa non scherza. Per cui serve il riposo.
Possiamo individuare due situazioni in cui il riposo è caldamente consigliato. Ed una in cui appare invero obbligatorio.
Tra gli ambiti consigliati vi è, anzitutto, il riposo che precede le gare. Per la verità, l’organismo ha bisogno di un margine sufficiente di “recupero”, indipendentemente dall’attività sportiva. Non è un caso che una tipica forma di tortura (in quel di Guantanamo la conoscono piuttosto bene) sia costituita dalla privazione del sonno. Se il sonno, ragione o meno, può generare mostri, l’assenza di sonno è addirittura mortale. Ovviamente si tratta, più propriamente, senza farla troppo tragica, di non strapazzarsi troppo in vista dell’impegno agonistico.
Va da sé che il giorno prima (la notte prima) di una 10K non richiede l’ascesi di un monaco tibetano e, con molta probabilità, potreste fare una figura più che dignitosa anche con poche ore di sonno ed un paio di bicchieri della staffa. (In questi casi, se serve, posso testimoniare anche sotto giuramento).
Prima della maratona, probabilmente, è un’altra faccenda. Se partite già “cotti” è difficile che l’organismo possa effettuare un recupero “attivo”. Uno straccio parte ed uno straccetto giunge al traguardo. Se giunge.
Altro recupero fortemente consigliato è quello dopo gli allenamenti e dopo le gare. In questo caso, il riposo permette all’organismo di “metabolizzare” l’attività fatta, sia dal punto di vista fisico che da quello mentale. Quest’ultimo è spesso trascurato, dimenticando che il riposo è, anzitutto, una “riorganizzazione” cerebrale in cui si archiviano gli eventi e si danno i segnali di ricostruzione delle cellule compromesse. Il senso è sufficientemente chiaro, nonostante l’assoluta vaghezza dei concetti.
Se non riposate a sufficienza, il rischio tipico è quello di esporsi più facilmente agli incidenti. E’ come se si abbassasse la soglia dell’attenzione e, quindi, la caduta, lo stiramento, etc. è dietro la prossima curva.
Altro effetto noto è denominato – da quelli che scrivono bene – come burnout, ossia il decadimento delle prestazioni fisiche e mentali. L’”insistere” in allenamenti (o gare), senza il necessario recupero, invece di migliorare le prestazioni finisce per fermarle o addirittura peggiorarle.
A molti accade lo stesso all’Università quando scoprono, il giorno dell’esame, che aver letto e riletto innumerevoli volte le stesse pagine le ha rese “inerti”; il cervello, semplicemente, ha smesso di prenderle in considerazione mettendole in cassetti scelti a casaccio. Questo comprova che è proprio il cervello che deve riposare, rimettendo “in linea” tutte le altre componenti.
Infine, il riposo c.d. terapeutico che è quello necessario dopo un infortunio. Questo riposo è obbligatorio e non negoziabile. Finché il corpo (e la mente) non hanno “ripristinato” il macchinario, l’attività sportiva non è ammessa, in quanto negativa, poiché “insiste” su un sistema non ancora completamente resettato.
Immagino che sia difficile interrompere – anche perché poi bisogna ricominciare daccapo – ma la perseveranza, in questo caso, non è affatto una buona politica.
Il riposo, però, è riposo. Il gioco di parole è solo apparente dato che molti ritengono che il “riposo” sia costituito unicamente dallo “stop” alla corsa e che, invece, tutti gli altri “ardimenti” siano consentiti. Quando il medico dice “Fai le cose normalmente”, si riferisce alla condotta attesa dalle persone “normali”, non dagli ultramaratoneti. Sicché Tizio non corre, ma cammina (a passo svelto) per 8 chilometri al giorno, oppure si ammazza di vasche in piscina, o ….
Avete compreso cosa intenda.
Il “riposo” è riposo, cioè l’attività in cui i pigri pantofolai tentano con ogni mezzo di farci partecipi. In questa situazione, una volta tanto, hanno ragione loro.
“Ho bisogno di molto riposo per il caso che domani sia un grande giorno… Probabilmente non lo sarà. Ma se lo fosse, sarò preparato!” (Snoopy)
“Del resto, anche Io, il settimo giorno, mi sono riposato” (Dio)