A meno che non corriate con i tappi alle orecchie o con le cuffie (situazione sconsigliabile), correre in silenzio è impossibile. Anche se, per l’avventura, facciate la vostra ‘uscita’ a notte fonda, in una zona deserta, scoprirete che il silenzio non esiste.
Persone, autoveicoli, suoni, animali, non stanno fermi un attimo. Né stanno in silenzio, pur non muovendosi. Il rumore, il sottofondo permane. Nella migliore delle ipotesi siete voi a provocare del rumore. Il vostro incedere, il suono del vostro respiro. Anche se correste in pieno deserto, il rumore di fondo non vi abbandona mai. Si parla del rumore “esterno”.
Il rumore è anche interno. Non è un caso che il silenzio è da sempre connesso con la preghiera, la pace, la contemplazione. “Nessuna voce tua odo se ascolto”. Quella voce di cui abbiamo bisogno per non restare soli con noi stessi.
Nel mentre corriamo, dobbiamo imparare a fare silenzio. Effettuare i primi passi su un pianeta sconosciuto, laddove neppure l’aria si sposta. Imparare a correre nella grandezza del silenzio. Ma farlo, aiutati dall’esterno, non vale!
In montagna o nel deserto, la quiete è a buon mercato. Non l’abbiamo meritata. È nel caos del mondo che dobbiamo trovare il silenzio. Provate a passare da una strada principale ad una senza traffico e cogliete la differenza. Concentrate l’attenzione su questa differenza. Poi compare quella voce che ci dice ciò che abbiamo diritto di sapere. Comunque vada.
[Riferimenti culturali: R. Bassetti, Storia e pratica del silenzio, Torino, 2019; M. Cosmai, Silenzio e rumore: amici e nemici del pensiero, Milano, 2014; P.A. Rovatti, L’esercizio del silenzio, Milano, 1992]