A Roma, quando esci per un allenamento, capita spesso di correre nei luoghi della resistenza.
Nella Capitale sono tante le strade e le piazze dove tra l’8 settembre del 1943 e il 4 giugno del 1944 ci fu la mobilitazione contro l’esercito tedesco che occupava la città.
In una Roma che dopo l’armistizio voluto dal Generale Badoglio era libera, o meglio “Aperta” e con un esercito senza ordini divenne necessario rispondere all’oppressione nazifascista.
La città fu presa d’assalto da divisioni tedesche e in assenza di una difesa organizzata i romani e i soldati sciolti, con un reparto di granatieri e di lancieri, imbracciarono le armi e si opposero all’avanzata tedesca.
La battaglia si concentrò subito a Porta San Paolo, antistante il piazzale Ostiense.
Quante volte ci siamo passati in tante gare e in particolare al 3 km della Maratona di Roma.
Quante volte dopo le ripetute sulla salita della vicina viale Giotto abbiamo sbuffato e recuperato la fatica tra quel groviglio di strade e binari del tram proprio sotto la Porta e di una Piramide che spezza la linea delle mura e fa ombra al cimitero degli inglesi.
Venne costruito nel 1821 per dare sepoltura ai non cattolici – tra cui i protestanti, gli ebrei e gli ortodossi – nonché i suicidi e gli attori.
Vi riposano: John Keats, Percy Bysshe Shelley, Antonio Gramsci, Carlo Emilio Gadda e Andrea Camilleri.
La battaglia a Porta San Paolo fu il primo avamposto a difesa della città e portò a una eroica resistenza in cui caddero militari e circa 400 civili tra cui 43 donne, nel pomeriggio del 10 settembre si firma la resa e inizia l’occupazione della città.
Sono tanti i luoghi della resistenza e del sacrificio dei nostri nonni, che nonostante le targhe e i monumenti fanno fatica a essere ricordati dalle nuove generazioni.
Su un angolo delle mura a Porta San Paolo ci sono le targhe in memoria delle donne di Roma che “difesero la città e la patria, soccorsero i feriti, confortarono i morenti, tutte affrontando la morte, molte perdendo la vita” e di tutti i morti del 10 settembre. Di fronte, in un’aiuola, una colonna ricorda i carabinieri, i granatieri di Sardegna e gli altri militari..
A Roma c’è un parchetto dove ci corrono tanti amici ed è quel tratto di verde recintato che sta tra piazza San Giovanni e la basilica di Santa Croce.
Il parco prende il nome dall’adiacente Viale Carlo Felice, sono 666 metri dove corrono tanti runner del quartiere.
Divenne famoso per la relazione, dell’allora Capitano Sigmundo Pago Golfarelli, il quale riferì dell’azione dei Granatieri i quali, alla data dell’8 settembre 1943, diedero del filo da torcere ai paracadutisti della agguerrita 2a divisione tedesca e del ripiegamento nei giardini di Viale Carlo Felice, poggiando alle mura, accompagnati dal fuoco intensissimo delle armi nemiche e dal lancio di numerose bombe a mano..
Incredibile no? Noi li ci corriamo e ci divertiamo e come in un flashback della storia in bianco e nero ragazzi più giovani di noi morivano a difesa della città.
Chissà se lo sanno i nostri runner che a pochi passi da quel parco c’è Villa Wolkonsky-
Oggi è la residenza ufficiale dell’ambasciatore britannico in Italia e si trova immersa in una proprietà che copre undici ettari della collina dell’Esquilino, non lontano dalla Basilica di San Giovanni in Laterano.
Da dove il colonnello Kappler coordinò il rastrellamento di via Rasella e il conseguente eccidio delle Fosse Ardeatine.
A via Rasella, nei nostri allenamenti in centro ci passiamo per evitare la salita di via Quattro Fontane, è la seconda traversa a destra, una strada stretta e senza via di fuga. L’attentato partigiano di via Rasella, avvenne il 23 marzo del 1944 da membri dei GAP romani, rimasero uccisi 33 soldati del reggimento “Bozen”, la polizia tedesca.
L’eccidio delle Fosse Ardeatine non fu preceduto da alcun preavviso da parte tedesca e portò a l’uccisione di 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni, trucidati a Roma il 24 marzo 1944 dalle truppe di occupazione tedesche come rappresaglia per l’attentato partigiano
Non basta un romanzo o meglio un libro di storia per raccontare i luoghi della resistenza a Roma, dal centro alla periferia in tanti si mossero a difesa della democrazia e delle sue strutture, ponti compresi.
Quando corro nel mio quartiere il Nuovo Salario, lungo uno dei tanti percorsi di allenamento dei runner romani c’è un angolo sulla ciclabile adiacente al fiume Aniene dove passa il ponte di ferro che fiancheggia la via Salaria all’altezza dell’aeroporto dell’Urbe, sorregge i binari della ferrovia Roma-Firenze ed è dedicato ad un piccolo-grande eroe della Resistenza: Ugo Forno.
Ughetto è stato un partigiano e studente italiano, che grazie alla sua azione riuscì a non far distruggere la linea ferroviaria sul ponte da parte delle forze tedesche che in ritirata minavano tutto ciò che incontravano.
Ugo fu l’ultima vittima, a soli 12 anni, della Resistenza romana (insieme al compagno Francesco Guidi) decorato con la medaglia d’oro al merito civile dal Presidente Napolitano il 16 gennaio 2013.
Ma il runner romano ha un intero mondo da conoscere e capire cosa furono i luoghi della resistenza proprio grazie alle sue corse, anche fuori città
Quando vado al mare a Lavinio, a sud di Roma, faccio sempre lo stesso giro, cinque chilometri da ripetere più volte tra i viali e il lungomare.
Lavinio, la località dove trascorro le vacanze con la famiglia, si trova a circa sette chilometri da Anzio. A metà giro, nella parte centrale del paese affacciato sul mare, c’è una targa commemorativa in onore del reggimento scozzese Gordon Highlanders che la mattina del 22 gennaio del 1944 approdò sulle nostre coste con gli Alleati, per liberare l’Italia dall’oppressione nazifascista. Era lo sbarco di Anzio.
Gli alleati impiegarono cinque mesi per coprire la distanza di cinquanta chilometri che li separava da Roma. Una marcia di liberazione che sarebbe proseguita verso il Settentrione fino al 25 aprile del 1945.