Per noi che corriamo, la domenica è come quella di un appassionato di calcio, ci sono le ritualità, i gesti, i luoghi e le emozioni che ti porti dentro da sempre. Quale miglior giorno per restare incollato alla tv ammirando maratoneti dalla bellezza senza tempo, in azione sulla distanza più bella?
Così, dopo il lungo di 30k di questa mattina, con tutti i canali percettivi in espansione, le gambe che friggevano e la panza ormai piena…ho avuto il tempo di gustarmi il documentario del National Geographic – Breaking2, dedicato al tentativo di abbattere il muro delle due ore preparato dalla Nike ed eseguito il 6 maggio scorso nell’autodromo di Monza.
I documentario è un mix di tecnologia e umanità, c’è n’è così tanta di storia e di vite vissute da uomini lontani dal nostro mondo, che dopo i primi 10 minuti ti dimentichi di tutto, di Vo Max, di livelli di lattato, prelievi ematici e scarpe da allunaggio.
Ti concentri sugli atleti e le loro vicende. I paesi da dove arrivano e dove tornano ogni volta che vincono una maratona internazionale, le famiglie bellissime e piene di ogni cosa essenziale. Pensi solo alla loro semplicità e schiettezza.
La Nike li presenta senza mezzi termini:
Eliud Kipchoge (Kenya), Lelisa Desisa (Etiopia) e Zersenay Tadese (Eritrea). Tre paesi diversi, tre percorsi diversi, uno stesso obiettivo: correre i 42,195 Km nel minor tempo mai registrato.
Uno su tutti resta più impresso nel memoria dello spettatore ed è Eliud Kipchoge, un passato non facile. Al momento del tentativo Breaking2, Eliud era medaglia d’oro olimpica in carica nella maratona maschile e, con sette primi posti in otto maratone, era considerato da molti uno dei migliori maratoneti viventi.
Una persona fuori dal comune, una forza che scardina ogni paramento da laboratorio e ti fa rimuovere ogni specialista e ingegnere del running che gli hanno gravitato intorno per mesi.
Per me che mi farei sturare le coronarie con l’idraulico liquido per correre una maratona sotto le 3 ore, pensate cosa è vedere un obbiettivo come il loro.
“Allenarsi tanto ed essere onesti. Cosi sei libero”…questa è filosofia di Eliud Kipchoge e con questa visione della vita ti farà piangere dal primo all’ultimo chilometro di quella maratona fuori dal comune.
I ben pensanti diranno che era tutto calcolato, programmato e sequenziato, ma non è cosi che siamo arrivati dove l’uomo non credeva di poter arrivare mai?
Non è stato così, perché Eliud, “l’uomo da laboratorio”, ha tirato fuori l’uomo che è nato nella madre terra da cui vengono gli uomini più veloci in maratona.
Ha capito ad un certo punto che non ce l’avrebbe fatta, ma con il sorriso di chi aveva fatto tutto il possibile è arrivato ad un passo della sua morte, come gli aveano profetizzato se fosse sceso sotto le due ore, con gioia ha compreso che scendere sotto quel limite, non sarà morire, anzi, si entrerà nella storia, ma lui, forse c’è già di diritto.
Come ha detto Eliud dopo la gara, “io ho fatto l’impossibile per me, scendono di due minuti dal record del mondo, adesso tocca ad un altro ma lui dovrà scendere di soli 25 secondi”
Se non è una mentalità da campione questa?
Buona visione amici