Oggi è il giorno della memoria, celebrata in tutto il mondo per commemorare le vittime dell’Olocausto. Venne istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2005.
Grazie al lavoro di ricostruzione anagrafica di Robert Rozett, direttore delle biblioteche Yad Vashem, siamo in grado di conoscere le storie degli atleti che persero la vita nei campi di concentramento.
Rozett dichiarò che furono 60 mila gli atleti che morirono nello sterminio, tra cui uomini e donne che avevano vinto ori alle Olimpiadi o erano campioni del mondo nelle loro specilità.
Tra queste vite c’è quella di un uomo che grazie all’amore per lo sport alleviò le sofferenze dei bambini rinchiusi nel “blocco dei bambini” del campo di concentramento di Birkenau.
Questa è la storia di Alfred Hirsch
Il nome di Hirsch è indissolubilmente legato all’educazione dei bambini e dei giovani nel Lager di Terezín e, poi, a Birkenau.
In particolare, il “blocco dei bambini”, istituito su iniziativa di Hirsch nella sezione BIIb del campo di Birkenau, dove riuscì a creare una piccola oasi all’interno del campo di sterminio.
Lo scopo principale era garantire che i prigionieri più giovani avessero, almeno per un breve periodo, un ambiente più tollerabile in cui sarebbero stati isolati dalla tragica realtà che li circondava.
La sua attività sportiva, già prima di essere deportato perchè ebreo, era da sempre rivolta alla formazione e preparazione dei giovani.
Fino al 1940 organizzò campi scout estivi vicino al villaggio di Bezpráví nella Repubblica Ceca e poi a Praga, dove nonostante i decreti antiebraici, il parco giochi di Hagibor divenne uno dei pochi luoghi in cui i bambini ebrei potevano ancora giocare all’aria aperta e fare sport.
Hirsch si distinse per aver fatto fare gare, spettacoli teatrali ai bambini del parco, diffondendo tra di loro gli ideali di lavoro di squadra, responsabilità e abilità fisica.
Alfred Hirsch arrivò da deportato al campo di concentramento di Terezín il 4 dicembre 1941. Faceva parte di una squadra chiamata Aufbaukommando II, composta da Hirsch e altri 22 dipendenti della comunità ebraica a cui era stato affidato il compito di organizzare la vita nel lager appena creato.
A Terezín i bambini vivevano in stanze speciali ed erano separati dai genitori. Alfred Hirsch, Egon Redlich e Bedřich Prager erano incaricati della loro cura cercando di migliorarne le condizioni di vita.
Fervente sostenitore dell’importanza dell’esercizio fisico, Hirsch voleva che i bambini lo facessero ogni giorno e per mantenere le loro condizioni psicologiche e fisiche al meglio, voleva che si prestasse attenzione all’igiene personale.
Chi conosceva Fredy (come lo chiamavano tutti) lo ricorda come un bel giovane, atletico e attraente, con i capelli elegantemente pettinati all’indietro. Questa sua impostazione, oltre al fatto che fosse tedesco dalla nascita, lo aiutò ad avere una certa influenza sui membri delle SS i quali iniziarono a nutrire una forma di rispetto nei suoi confronti.
In queste condizioni riuscì a creare un parco giochi, dove nel maggio 1943 si svolsero i Giochi Maccabi (una manifestazione multisportiva).
Nell’estate dello stesso anno arrivò un convoglio con 1.200 bambini ebrei dal ghetto della città polacca di Białystok.
L’ordine era di tenerli isolati dalle loro familgie ma Fredy Hirsch riuscì a metterli in contatto. Per questo gesto di insubordinazione venne catturato e incluso nel convoglio che partiva il 6 settembre per il “campo familiare” di Auschwitz-Birkenau insieme ad altri 5.000 prigionieri.
Tra questi c’erano circa 300 bambini di età pari o inferiore a 15 anni
Quella dei bambini era una presenza insolita a Birkenau, la maggior parte di loro veniva assassinata non appena arrivati al campo.
Grazie alle sue capacità di negoziare con i comandanti nazisti, Hirsch riuscì a riservare uno degli edifici per il “blocco dei bambini” e divenne il capo di questo blocco.
L’edificio era arredato in modo diverso dalla maggior parte degli edifici degli altri prigionieri a Birkenau.
Invece di letti a castello a tre livelli, c’erano dei tavolini sui quali sedevano i bambini, dato che vi trascorrevano solo il giorno e poi tornavano dalle loro famiglie la notte.
Le pareti all’interno dell’edificio erano decorate con immagini di Biancaneve e dei sette nani, eschimesi, fiori e personaggi delle fiabe.
I bambini furono protetti dal terrore onnipresente degli ufficiali delle SS. Gli appelli giornalieri erano brevi e si svolgevano all’interno dell’edificio stesso, anziché sul piazzale ghiacciato.
Hirsch organizzò lezioni segrete, improvvisate, impartite in piccoli gruppi a seconda dell’età.
Se si avvicinava una pattuglia delle SS, le lezioni si trasformavano rapidamente in giochi, oppure i bambini iniziavano a cantare canzoni tedesche, cosa che era consentita.
Gli insegnanti che potevano stare con i più piccoli raccontavano il contenuto dei libri che ricordavano. Insegnavano loro la geografia, la storia, e giocavano con loro. Tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944 misero in scena Biancaneve e i sette nani, spettacolo a cui vi assistettero gli uomini delle SS, tra cui il dottor Mengele.
Dopo l’arrivo dei trasporti di dicembre c’erano circa 500 bambini e Hirsch riuscì a ottenere un ulteriore edificio per loro.
Verso la fine del febbraio 1944 i prigionieri del campo erano prossimi alla scadenza dei 6 mesi dal loro arresto, dopo di che sarebbero stati uccisi.
Nel frattempo si era formato un movimento di resistenza del campo, i cui membri contattarono Fredy Hirsch perchè vedevano in lui un potenziale leader della rivolta che stavano pianificando.
Hirsch si trovò di fronte a una decisione difficile: una ribellione avrebbe significato la possibilità di uccidere diverse SS e una minima possibilità di fuga per un pugno di prigionieri, ma anche morte certa per la grande maggioranza dei prigionieri nel campo familiare, e senza dubbio, morte certa per tutti i bambini.
La mattina dell’8 marzo discusse nuovamente con Rudolf Vrba, uomo legato al movimento di resistenza di Auschwitz.
Vrba gli fece visita e gli disse che non c’era dubbio che i detenuti da lì a poco sarebbero stati condotti verso le camere a gas.
Hirsch chiese un’ora per decidere.
Un’ora dopo, Vrba lo trovò privo di sensi. Un medico dichiarò che aveva assunto una dose eccessiva di tranquillanti. Quella sera il corpo di Fredy Hirsch fu bruciato nel crematorio di Birkenau, insieme ai resti dei 3.792 prigionieri assassinati del campo della famiglia Terezín.
Ci sono ancora speculazioni su cosa sia successo negli ultimi minuti della sua vita. Non è del tutto chiaro come sia riuscito a ottenere una dose letale di medicinale, né se si sia trattato veramente di un suicidio.
Prima della sua morte, Hirsch nominò i suoi successori a capo del blocco dei bambini.
La vita di un uomo non ha fine se il suo operato ha alleviato dalla sofferenza l’esistenza di un bambino e se ancora oggi siamo qui a raccontare cosa fece Fredy Hirsch è perchè, come disse Primo Levi, distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo.
Abbiamo raccontato la storia di Alfred Hirsch grazie al contributo del sito ceko sull’Olocausto.