Dormo poco. Alle 4,30 sono più che sveglio. In una situazione del genere è piuttosto difficile capire bene cosa si debba fare. Dopo aver visto, con molto anticipo, le notizie del giorno e qualche altra amenità del genere, si apre uno spazio mentale inedito. La notte schiude le porte ad una percezione diversa che fornisce un grande spunto all’ispirazione.
Il giorno è per tutti. La luce disvela. Non ci si può nascondere e, gli occhiali da sole, forse conferiscono “più carisma e sintomatico mistero” (Battiato) ma restiamo, comunque, in piena evidenza.
Di notte, in quel “margine” situato molto prima dell’alba, il mondo è diverso. Non solo perché segna il trapasso tra un “prima” (la notte) ed un “dopo” (il giorno). Si tratta di un momento che appartiene a quei pochi che non passano il tempo a bestemmiare per un sonno ristoratore che non arriva (pure contando tutte le pecore dell’Appia Run), ma che espandono la propria conoscenza. Vivono in un “intervallo” di tempo consegnato in uno spazio fuori dell’ordinario, della consuetudine, patrimonio comune. Tutti questi “vigilanti” costituiscono una specie di società segreta: la Comunità degli Insonni.
Il contesto assomiglia – se vogliamo – al film di Alex Proyas, Dark City, in cui a mezzanotte in punto, scatta l’ora in cui gli Stranieri fermano il tempo e alterano il paesaggio urbano, così come l’identità delle persone e i loro ricordi. È la nostra città in perenne divenire, quella che la maggioranza vede solo la mattina dopo. Ma, prima che accada ciò, noi – la nostra Società segreta – l’ha impercettibilmente modificata con il nostro passaggio. Però “loro”, gli esseri “ordinari”, non lo sanno, non possono rendersene pienamente conto poiché vivono in una sorta di animazione sospesa. Noi viviamo i sogni lucidi (da svegli) nel mentre loro inseguono le immagini che gli sussurra Morfeo.
Alle 5:00 è l’ora giusta per andare a correre.
Troppo tardi per girarsi nel letto, troppo presto per altre attività. Qualcuno si sposta, più per necessità che per volontà. Ma noi compiamo un gesto volontario, secondando una diversa natura. Scendiamo in un territorio diverso e minaccioso e, ce ne appropriamo, per non lasciarlo alla parte negativa del mondo.
Allora nella mia testa – che tanto al suo posto non pare stare – si spalanca una mappa virtuale nella quale si accendono delle luci. Sono i partecipanti alla Comunità degli Insonni, che si muovo in questo spazio e, tracciano, con il loro movimento, un disegno astratto nella buia tela della notte.
Un collegamento spirituale che ci accomuna e, sovente, il mero parto di una spiccata immaginazione creativa prende effettivo corpo: il fratino fluo su Via Labicana esiste davvero…