Le paralimpiadi: una posizione difficile

Prima di tutto, metto le mani avanti. Per non cadere. Le paralimpiadi – confesso – mi recano qualche disagio personale.

Faccio molta fatica a limitare un moto di umano dispiacere per delle persone che hanno avuto una sorte diversa da quella che ragionevolmente i genitori avevano tutto il diritto di attendersi. Già, così espressa, si capisce che si tratti di una colossale fesseria. I genitori non hanno “diritto” proprio a nulla. Non spetta a noi decidere (tranne poche ipotesi): lanciamo una moneta e non sappiamo affatto quale faccia si mostrerà. E’ raro ma potrebbe anche restare in piedi sul taglio.

Questa nostra “ansia” da genitori è comprensibile ma presta il fianco ad una realtà altrettanto difficile da non considerare. E che ci nascondiamo, per non volerla affrontare, neppure come ipotesi teorica. Ci aspettiamo che tutto vada bene ma non sta scritto da nessuna parte che, il nostro pargolo, una volta vivo e vitale, sia immune da ogni rischio. Ray Charles, tanto per prendere un esempio noto, alla nascita ci vedeva benissimo. Ha perso questo senso, completamente, all’età di 6 anni, ma ciò non gli ha impedito di entrare – come “The Genius” – nella storia dei giganti della musica soul. E’ stato sfortunato? Forse si, ma che dire del suo fratellino più piccolo annegato, a tre anni, in una tinozza per lavare il bucato?

Nonostante ciò, ed al netto della manifesta illogicità di fondo, non riesco a non rammaricarmi per la sorte “diversa” accaduta ad alcuni nostri simili. Non dovrebbe succedere, eppure – forse per un volere a noi superiore – accade.

Dato che si parla di scarsa logicità, completo il tema.

Ho la massima ammirazione per gli atleti paralimpici perché, contro ogni logica, hanno saputo eccellere. Sono dei “veri” atleti, senza la necessità di aggiungere alcun altra caratterizzazione esplicativa. Non sono neppure sicuro che alcuni di loro non possano competere con i “normali” (prendete questo concetto, in termini “volgari”, non come una reale classificazione) date le prestazioni di altissimo livello che sono capaci di conseguire. Evidentemente, hanno delle doti superiori alla media, considerato che hanno messo da parte la disabilità per essere “qualcuno”, senza bisogno di ulteriori connotazioni. Loro non sono la “disabilità”, ma degli sportivi. E questo basta.

La mia ammirazione è collegata ad una valutazione soggettiva: a parti invertite, probabilmente non sarei stato bravo come loro. Nella mia dimensione sportiva, infatti, non sfioro nemmeno per sbaglio la soglia della ordinarietà, figuriamoci dell’eccellenza olimpica, restando a galleggiare solo fin dove si tocca. E nulla più.

 

[Nota: questa divag-azione è dedicata ad Alex Zanardi, a quattro anni dall’ultimo incidente: l’uomo ed atleta più resiliente di cui si abbia notizia. Un fenomeno in qualsiasi sua condizione personale.]

Mr Farronato
Mr. Farronato Podista e scrittore. La corsa mi serve per superare i limiti dell’ordinario mentre, scrivendo, supero quelli dello straordinario. Potete trovarmi – sotto falso nome – nelle gare della nostra bella capitale e, soprattutto, alle maratone. La corsa è la soglia del crepuscolo che si affaccia su un mondo diverso.