Su un podcast, per un puro volere del caso, intercetto un’intervista a Paolo Bonolis nell’ambito della quale esprime alcune sue convinzioni sulle emozioni dello sport che meritano, a mio modesto avviso, di essere condivise.
Paolo, parlando della sua passione per il calcio, ricorda quando anche lui giocava e dell’emozione che ha potuto provare conoscendo direttamente i protagonisti della sua squadra del cuore. Quali emozioni gli ha generato lo sport?
Inizia dal veder giocare il figlio (in serie C) e, poi, allarga il quadro. L’emozione dell’arrivo della corritrice svizzera alla maratona delle Olimpiadi di Los Angeles, ultima arrivata, completante disidratata. “L’emozione non è figlia del successo, ma vedere la volontà messa nello sport. Quella è una emozione che mi fa commuovere: quando vedi la sconfitta accettata, quando vedi la vittoria celebrata con gioia nei confronti dello sconfitto. La vittoria sì, ti dà soddisfazione, ma non è quella l’emozione; le emozioni sono le altre sensazioni che ti può regalare lo sport. Come la vita in genere”.
Sono andato a rivedere l’arrivo della svizzera Gabriela Andersen-Schiess che, stremata dal caldo e vittima di un colpo di calore, entra nello stadio olimpico quasi completamente senza forze. Sembra destinata a cadere da un momento all’altro ma, metro dopo metro, sbilenca, continua ad andare avanti per i 400 metri conclusivi che sembrano interminabili. Rifiuta l’aiuto dei soccorritori, memore della squalifica di Dorando Pietri, ed il pubblico è tutto con lei, nel rendere omaggio alla tenacia. Dopo quasi 5 minuti (cinqueminuti!), taglia il traguardo e crolla disfatta.
Non è un caso che, sinonimo di “emozione”, sia stata scelta proprio la maratona. Sei da solo, anche se in tanti. Ma il traguardo, alla fine, è lì che ti aspetta.