Brevi considerazioni alla fine di un anno scolastico.
Ovvero pillole di consapevolezza di quel che accade nelle scuole e di come nella vita sia necessario non trovarsi, al termine della stessa, con un monte di rimpianti e di rimorsi, situazione che non conviene a nessuno.
Ordunque, vuoi fare il prof? D’accordo, è un’idea nobile e coraggiosa. Basta che tu sappia che un lavoro di ufficio è solo apparentemente più oneroso, di fatto le energie che richiede insegnare sono pari a quelle di un ruspista in una mattinata d’estate.
A meno che tu tenda al risparmio. E allora non farlo ( il prof ).
Dimenticati i tre mesi di ferie. Se vuoi avvicinare il mondo della scuola, o, peggio, se ti ci sei già avvicinato, starai già capendo che non è proprio così. Che il mito dei pomeriggi liberi e di un’estate al mare è proprio da sfatare.
A meno che tu non voglia pedissequamente sottrarti a doveri morali e di rispetto per il ruolo che vuoi ricoprire, nonché per chi lavora con te. E allora non farlo ( il prof).
Parliamo di concentrazione. Devi averne a chili, di continuo. Piu di quanto tu possa pensare.
L’Università non ti ha sufficientemente preparato, molto probabilmente, sulla comunicazione.
Ecco, pensa: stai già partendo con un deficit. O lo colmi da solo, se ti viene spontaneo, e allora poni domande ai tuoi cari. Comincia chiedendo loro: secondo te sono empatico? Sono trascinante? Ho delle qualità da leader? Se la risposta è negativa, uniformemente negativa o non lo fai ( il prof ) oppure ti formi.
Già: esistono corsi più o meno ben fatti, o anche accorgimenti, strategie che diventano quasi procedure ( ma senza puzzare di meccanicismo ) che ti aiutano a comunicare.
Ricorda, infatti, che per ogni esame sulla materia dovresti farne uno sulla comunicazione. Hai fatto forse venti esami sulla materia e venti sulla comunicazione? Non penso, no? E allora sei già messo male.
Mica tenderai al pessimismo, vero?
Mica penserai ( “ma me l’ha detto un collega esperto e pare che funzioni proprio così!” ) che se vai in classe con lo sguardo cupo e incazzoso diventerai, colpo di bacchetta magica, autorevole e degno di rispetto? Lo pensi, lo stai pensando? Allora non farlo ( il prof ).
Non voglio nemmeno ipotizzare che tu voglia fare il prof per accampare diritti e che tu sia concentrato più che sul rapporto con gli alunni e sulla loro centralità, sul tuo personale benessere, su ponti e festività ( godute e non ). Insomma, hai più rapporto con la segreteria di cui hai imparato i nomi nella prima settimana che non con quelli di cui incroci gli sguardi ogni giorno dall’altra parte della cattedra e di cui fatichi a memorizzare i nomi? Okay, allora non farlo ( il prof).
Sei arrivato fin qui e hai escluso tutte queste opzioni, quindi ti senti adeguato, super giusto e super pronto ad entrare in classe? Siamo a buon punto davvero. Puoi provarci. Anzi, prova. Vediamo se ti stanca, se ti carica, se ti annoia, se ti entusiasma. Se tu stanchi gli alunni, se li carichi, se li annoi, se li entusiasmi.
Ma basta cosi?
No, un’ultima considerazione.
Sei sorridente, sei ottimista, non ti curi dei diritti, non stai col bilancino a vedere se hai lavorato di quanto preveda il tuo contratto, ti senti comunicativo e hai un certo successo con colleghi e, così sembra, con gli alunni. Ottimo, ma ricordati sempre una cosa, sempre.
Ogni insegnante è un potenziale assassino di stimoli.
Un potenziale disorientatore.
Il responsabile supremo delle strade che i ragazzi non prenderanno.
Dei talenti che non scopriranno di avere.
Di quelli che rimarranno nascosti.
Se te la senti ancora, in piena onestà intellettuale, vai avanti e cerca di ricordartene ogni volta che entri in classe. Più che del tuo contratto di lavoro.