Poi c’è questa cosa che in montagna d’inverno si deve sciare, e fai solo quello o quasi. In una settimana tutto gira intorno a piste ed impianti, ma non del tutto perché il resto del tempo lo passi mangiando.
Si mangia ovunque, hai l’imbarazzo della scelta, la tua dieta vegana è messa a dura prova con stinchi che scalciano e si impongono tra palle di canederli e finferli con burro speck e salvia.
Ma sarebbe il minimo perché il vero problema sono i dolci, non solo quelli della struttura alberghiera dove ogni mattina consumi colazioni infinite, il resto si palesa, non si sa come, nelle tasche e negli zaini al seguito della carovana sciante. Cioccolate in ogni forma e percentuale, da viaggio e non solo e vengono spacciate per integratori tra una seggiovia, una discesa e un cubetto per la risalita in quota. La giustificazione è sempre la stessa: fa freddo.
Insomma in montagna si fanno cose che hanno a che fare con il freddo e le calorie e temi solo che la tua vena podistica possa essere messa a repentaglio e lasciata a secco e per giunta con poco ossigeno in quota.
Ogni movimento è innaturale, tra guanti, scarpe, abbigliamento e attrezzature lo sport invernale in montagna è una prova di abilità e coordinamento quotidiani. Tu che sei quello da scarpetta canotta e pantaloncino. Tu che sei un purista dello sport in natura, che ti basta a volte il giro del parchetto sotto casa o che sogni di scalare montagne.
Quindi, eccoti alle 7 di mattina, vestito come Starsman sulla Tesla in viaggio verso Marte, scendi nella hall che dormono ancora tutti e sei carico, caldo, motivato e voglioso di far girare le gambe come si deve e non più incrociate in quei ceppi di ghiaccio che sono gli scarponi da sci.
A proposito, ma è mai possibile che abbiamo fatto ogni cosa sulla terra dal punto di vista tecnologico e quei due cosi lì sono sempre più scomodi, freddi e ti agevalano imprecazioni che nemmeno gli exit poll di domenica sera ci riuscivano così bene.
Sei in in strada, -9 gradi, la valle che dorme e la strada è tutta per te. E che strada.
Qui Stefano Baldini ha scritto un pezzo del suo nome sulla medaglia di Atene 2004. Sulla ciclabile tra Ziano e Predazzo, nella Valle di Fiemme, ha fatto i lavori di rifinitura estivi prima del sogno Olimpico conclusosi dentro il Panathinaikos.
Che cosa vuoi di più ? E non temere il freddo, la cena della sera prima, le gambe di legno dopo l’ennesima sciata, non avere paura perché non hanno fatto troppi danni.
Vai che hai le ali ai piedi, respira allunga e spera di tornare in albergo prima che finisca il servizio della colazione. Che fatica, ma non molli, la Roma Ostia è dietro l’angolo e se per un romano la corsa in quota non è prevista da nessuna tabella di allenamento, tu insisti e fai vedere agli autoctoni che non hai nulla da invidiargli.
Fiero e un po’ spavaldo, la tua giornata tra i monti va avanti e sei seduto ad un bar e commenti le ripetute con un runner norvegese e nel frattempo stai bevendo l’ennesima birra alle quattro del pomeriggio. Lui è alto, bello, magro come se fosse uscito da una pubblicata della Salomon.
Dopo i saluti e l’appuntamento alla prossima birra, non di certo al prossimo allenamento insieme, finisci di scrivere il pezzo, solo al bancone del bar in mezzo alle piste. La musica è assordante, tutti bevono shortini di vodka e grappe locali, e ti senti come Claudio Amendola a Vacanze di Natale e aspetti che da un momento all’altro esca fuori Jerzy Cala’ tutto abbronzato che attacca con i Vatussi e Chrisitian De Sica che fa il trenino.
Ma ti consoli sapendo che comunque e’ bello fare gli sport invernali in montagna, è bello sapere di tornare a casa con le tasche vuote, senza più cioccolate da spacciare e con qualche chilo più, anche di serenità.