Sei seduto nel bel mezzo del tuo ufficio, in una di quelle giornate a metà strada tra lo stipendio e i programmi per le vacanze di Natale. Hai concluso tutte le pratiche della mattina e pigramente stai pensando al tuo caffè preferito nel quartiere Garbatella.
Messa così sembra una giornata come un’altra, di tanti che, come te, lavorano e portano a casa la “pagnotta”. Ma su quella sedia, rilassato e con le braccia piegate dietro la testa, lo sguardo rivolto alle finestre piene di luce, ecco che, ancora una volta, resti accecato dal bagliore narrativo.
Faccio un passo indietro. Mi capita spesso di rileggere alcune mie storie, vere o presunte tali, racconti dove tiro fuori un po’ di me e del mondo circostante, e, ogni volta, faccio la stessa considerazione: non sarei in grado di riscrivere la stessa storia.
Il bagliore narrativo è così, ti prende una volta sola, per ogni idea che accende la mente. Come il detto per cui non c’è mai una seconda volta per fare una buona prima impressione, allo stesso modo, un’idea ti prende in quell’attimo di fugace chiarore e mai più.
L’amico Franz mi ha suggerito un articolo molto bello di Anna Momigliano, “l’era dello scrivere gratis”, pubblicato nella rivistastudio, dove analizza la questione dello scrivere o non scrivere gratis. Per l’autrice è un tema che si può giustificare leggendolo da più punti di osservazione. Ma ciò che resta, sottolinea la Momigliano, la colpa, è un po’ nostra, per aver “contribuito a creare un ecosistema sovrappopolato di parole scritte gratis”.
Nel mio piccolo sento di poter giustificare il mio apporto a quell’ecosistema senza scopo di lucro, in forza di un’azione interiore che mi fa chiudere gli occhi al cospetto di quel bagliore narrativo e sedermi davanti al foglio bianco e inventare mondi, buttare giù la maschera e le vesti.
Scrivere è bruciare tutto, fregarsene di chi legge, è lasciare scorrere le parole figlie di emozioni e lampi, tuoni e imprecazioni. Restare con la pelle arsa da quel calore e continuare a sentirsi sempre meglio ogni volta che rileggi una tua storia, anche se non sei mai certo che l’abbia scritta tu.
Scendo a prendere il mio caffè preferito alla Garbatella, con poco zucchero e molto calore.