“La corsa, ogni corsa, è un innamoramento. Spirito e muscoli, sudore e sogno: ė la riscoperta del lato leggendario della propria esistenza.”
Inizia con queste parole il Giro d’Italia in Solitaria – GINS 2020 di Andrea Accorsi.
Il GINS è un evento di Ultraciclyng sulla distanza di 4000 km con 43000 mt. di dislivello positivo da completare entro 432 ore (18 giorni).
Per Andrea il cronometro è scattato alle ore 6.15 di domenica 16 agosto da Rimini e si è fermato, 16 giorni, 23 ore, 43 minuti dopo, esattamente al punto di partenza.
Vietata qualsiasi forma di assistenza, modalità Self Support, come hanno dettagliatamente imposto gli organizzatori di questa prima edizione del GINS 2020.
Andrea è un apprendista Ciclosognatore, come ha raccontato lo scorso anno nel suo libro Diario di un apprendista Ciclosognatore, in cui racconta che il viaggio è come la vita, una somma di piccole cose. Una somma di passi, di pedalate che arrivano a cento, poi a mille, poi perdi il conto e contare non serve più di tanto, in fondo.
Si definisce un ciclosognatore, perché ogni volta che viaggia, con qualsiasi altro mezzo che non sia la bicicletta, ha sempre la sensazione di aver perso un’occasione per vivere un luogo e riscoprire una parte di sé proprio nella bellezza che ci circonda.
Andrea ama l’endurance, lo sport di resistenza. Ha corso per ore, giorni, settimane accanto alla sua compagna Monica Barchetti, ha raccontato cosa è la fatica, la fatica prolungata, l’esibizione del proprio dolore, il superamento della soglia, elementi che in qualche modo hanno una diretta connessione con la ricerca.
In quest’ultima impresa a pedali ha raccontato un viaggio attraverso un paese bellissimo, pieno di umanità e dai mille contrasti.
Si è fatto trasportare da tante storie e angoli di meraviglie naturali.
Si è arrabbiato, ha sorriso e pianto, ha accolto gli amici lungo la strada, è stato ospite e padrone di casa lungo la sua strada che era poi in fondo la strada di tutti.
Ogni giorno, dalla sua bacheca di facebook, ci ha resi partecipi di quanto era accaduto in giornate infinite e di quanto stava accadendo nelle lunghe notti sui pedali.
Animo sensibile, sapiente narratore, Andrea sa tirare fuori il meglio anche dal peggio, ma è nello sforzo materiale che dà il meglio di sé, nelle salite più dure sa essere voce narrante al ritmo del suo passo e del suo respiro, poetica della fatica ci piace chiamarla.
Perché ce lo hai insegnato tu che l’uomo è attratto dalla dimensione epica, che spinge a farsi sempre più audace, fino a quel muro di fatica che fatalmente si erge, che ha il sopravvento su ogni pensiero e decisione.
Questo e’ Andrea Accorsi e il suo GINS 2020 è stata la somma di piccole cose, ma anche di grandi incontri, con la natura più di tutti, con un paese amato e cullato e di un altro offeso e infangato a tratti dimenticato nell’incuria. Ha vissuto giornate in salite e non per la strada ma per l’incapacità di capire perché non riusciamo ad aver cura del bello che abbiamo.
Il Giro d’Italia di Andrea non è stato solo fatica e freddo e caldo e salite a non finire, ma anche occhi e mani che ha incontrato e braccia che lo hanno accolto in ogni ora del giorno e della notte, amici e conoscenti che hanno cucinato per lui i piatti di tutte le regioni che ha attraversato.
Ha mangiato tanto Andrea per supportare un corpo sotto pressione; dalle pizze d’asporto da solo sulla strada, alle ricette più buone da nord a sud, e dietro ogni piatto c’era una storia, di una casa, di un bivacco, di un amico ristoratore, luoghi che lo ospitavano anche solo per poche ore prima di riprendere la lunga strada che lo aspettava.
L’aspetto agonistico non è stato da meno ed è molto soddisfatto Andrea. Uomo di sport che sa bene che lavoro c’è dietro ogni evento grazie anche a Luca Masini, colui che ha creduto due anni fa nel progetto di portare sulle strade italiane una manifestazione in stile RAAM americana (Race Across America).
Luca, pur col solo supporto della moglie, è stato impeccabile, puntuale, preciso, presente giorno e notte.
“Accogliente nella struttura di partenza e arrivo a Rimini e soprattutto ha tracciato un percorso FANTASTICO. Mi auguro che la mia soddisfazione possa trasformarsi in curiosità e stimolo per altri, per l’edizione 2021.”
Cosa resta dopo il traguardo?
Quante volte ce lo siamo chiesto per ogni piccola e grande impresa sportiva? Ci ha provato Andrea a mettere tutto insieme ma non è facile
Vorresti inventare un nuovo vocabolario, qualcosa che riunisca in un solo segno, emozione, passione, sofferenza, gioia, dolore, paura, felicità, distanza, amore…E tu non le trovi mica quelle parole lì, ti sono state dentro per 17 giorni e adesso sono evaporare.
Non ha perso nulla Andrea di quel viaggio, tanto meno le sensazioni provate, lo hanno aiutato a tornare a casa, le ha raccolte come delle briciole disseminate lungo i passi dolomitici e nelle lunghe strade vuote della Puglia, lo hanno difeso dai cani randagi e sostenuto nei momenti più neri di forature e problemi meccanici.
Il giorno dopo cosa resta? le inesorabili cicatrici sulla pelle, ma il cuore è ricolmo di tutte le sostanze che ha raccolto attraverso l’esperienza sulla strada. Nutrimento dell’anima, carburante che alimenta il vero scorrere della vita.
Ha ripreso la sua quotidianità, dormendo e mangiando, ha riassaporato il contatto di casa, le certezze, quelle familiari, il calore umano degli affetti, la materia quotidiana, la morbidezza su cui poggia la sua vita, il cordone ombelicale che tiene legati i due mondi.
Dopo 16 giorni trascorsi in sella a una bicicletta, giorno e notte in giro per l’Italia, vivendo emozioni uniche e recependo ogni forma di sensazione fisica ed emotiva, il ritorno può sembrare un recesso negativo – racconta Andrea nel suo diario.
Un fiume in piena che non si arresta, questo viaggio ha aperto altre strade narrative e uno come lui le cavalca e le sa far sue, non trattiene nulla e ci rende partecipi come compagni di viaggio quali siamo stati in sella alla sua bici.
Il ritorno alla “normalità” non rappresenta più la fine dell’ora d’aria, il timbro sul cartellino, la routine, ma diventa quel posto dove ogni affetto, ogni contatto, ogni passo riaccende l’eco del viaggio trascorso.
Grazie Andrea per questi momenti di solitudine vissuti in viaggio. Come hai detto tu, ci hai insegnato ad alimentare i legami più profondi, con noi stessi, con gli altri, con la natura.
La ricerca dello stupore andrebbe insegnata a scuola. Non credete mai a chi vuole insegnarvi a vivere, a chi vede nella vostra solitudine di viaggiatore un uomo triste. Non esiste uomo più triste, meno vivo, più morto dentro, di colui che non sa ridere sotto la pioggia.
Grazie Andrea
Marco Raffaelli