Correre nella Piana Reatina per capire quanto vali!

Ventotto giorni alla maratona è un tempo brevissimo se non sai ancora come ti senti. Ma se hai lavorato bene, anche in gara in una città di provincia, il tempo è un tuo alleato.

Non ti serve nulla per non sentire la fatica, sai che lo devi fare e te ne fotti di quanto hai professato per una vita.

Correre per 33km nella Piana Reatina, passando nella Valle Santa non puoi desiderare di meglio. Gli organizzatori ormai l’hanno assunta come “centro” delle lunghe distanze.

Sono gare fatte con genuinità e partecipazione locale. Una riga bianca a terra e un pronti partenza via.

Ci sono start line che non hanno bisogni di cornici: pronti, partenza via!

Domenica mattina abbiamo rivissuto il podismo che in città ormai è un lontano ricordo e si scontrava con le immagini che da lì a poco avrebbero riempito tv e social dei nostri tanti amici impegnati sulle grande avenue newyorkesi.

Ma tu sei a ventotto giorni dalla maratona ed è vero che possono essere i più belli.

Quelli in cui l’allenamento in tabella “rigenerante” del lunedì mattina sotto i tuoi piedi diventa un “facile” e non è più un pensiero.

La gara di domenica è stata una prova di testa, ti sei isolato per chilometri, rapito da tanto spazio, gli occhi si perdevano all’orizzonte.

Tu volevi solo tenerli a terra, passo dopo passo. Contando tutti metri fino all’arrivo che è stato una certezza del tuo stato fisico.

Il traguardo che meritavi te lo sei preso dentro lo stadio Raul Guidobaldi, famoso per i numerosi record mondiali che vi sono stati stabiliti tanto da essersi guadagnato l’appellativo di “tempio del mezzofondo” e da essere stato definito da Steve Cram, sul Guardian, una sorta di Mecca per i record.

La pista blu dello stadio Raul Guidobaldi la Mecca del mezzofondo

E noi? Noi dovevamo fare il personalissimo record della domenica, correre sotto l’acqua e restare incantati dalla valle di San Francesco.

Dovevamo correre al meglio: leggeri e in spinta, rullando bene il piede, schiacciando gamba dopo gamba sui km di quello scenario ogni indecisione, braccia basse, sguardo rilassato, testa leggera. Non ci serviva altro.

Non serve fare nulla di più o di meno: ripetute, salite, calcoli di quanto e a quanto. Ormai manca poco e sarai di nuovo davanti a quel pettorale, ma ricorda che una gara non sarà il tuo traguardo, il fine dello sport è stare bene, ovunque e soprattutto con se stessi.

Così come hanno scritto gli amici Franz Rossi e Giovanni Storti nel loro nuovo libro Niente panico si continua a correre:

“Corriamo per riconoscenza. La corsa ci ha dato tanto: abbiamo fatto pace con noi stessi, abbiamo imparato che possiamo tenere corpo e spirito in equilibrio, abbiamo scoperto di avere dei limiti e questa consapevolezza dei confini fisici ci ha dato anche la consapevolezza di essere umani.

Buona preparazione a tutti.

Marco Raffaelli

 

Grazie per le foto a Stefania Colella – l’intero servizio è su www.fotoincorsa.com

 

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso